La cascina nasce sul punto più alto della Frazione Alta Collina, i vecchi hanno sempre chiamato questa collina e la casa stessa la “cavarchèla” che in dialetto significa a cavallo, in questo caso a cavallo della collina.
Le donne della cascina
Gli uomini della famiglia hanno sempre lavorato sodo, sono andati in guerra, sono tornati sani e salvi, ma accanto a loro c’erano le donne, compagne, mogli, figlie, e il frutto di tanto sacrificio è rimasto nelle mani di queste donne, le donne della cascina, che con tenacia e volontà hanno sempre vissuto per coltivare questo seme, ora in cima alla collina c’è un nuovo fiore.
Bisnonna Carolina
Sempre sorridente, disponibile e generosa, era la maga bianca della collina, tutti la conoscevano per le sue doti guaritrici. Originaria di Volpedo,frequentava da piccola la casa del famoso pittore Pellizza.
Prozia Aida
Sorella di mia nonna, intraprendente, grande lavoratrice, una donna piena di energie, instancabile. Guidava i trattori e fino a pochi anni dalla scomparsa ha curato la vigna che aveva piantato suo padre. Oggi io guido il suo trattore.
Io, Costanza
L’ultima discendente di 2 famiglie, testarda, inarrestabile, un pò matta, così dicono. Un’amica di famiglia incontrandomi poco tempo fa mi disse “ eri proprio una bambina strana, ogni tanto ti mettevi a parlare con le stelle”. Ed io le risposi “siete strani voi che non lo fate”
La storia della cascina
Mattoni, pietre e legno
La storia della cascina inizia poco prima della seconda guerra mondiale, nel 1937, anno in cui viene costruita dai miei antenati, in mattoni, pietre e legno, tutti materiali poveri e reperiti nella zona, a chilometro zero.
Come la gran parte degli edifici rurali, anche la cascina venne realizzata con lo scopo di contenere il fieno, gli animali, e gli attrezzi per lavorare la terra.
La famiglia Zaninetti, la famiglia di mia madre, si trasferisce dalle sponde del lago maggiore a Godiasco, in una piccola frazione chiamata “Alta collina”, ed essendo composta da parecchi fratelli, inizia ad acquistare terreni per provvedere al sostentamento di ciascuno.
In particolare, la mia bisnonna Carolina (nota “magò” * della zona), e suo marito Agostino si adoperano in modo che le due figlie Mariuccia (mia nonna ) e Aida (mia prozia) abbiano un casa per mettere su famiglia.
Nella foto: mia bisnonna, mio bisnonno, mia nonna, mia prozia.
LA CASCINA DAL GRANDE FORNO
E così, sulla cima della collina, vennero edificate, la casa, la cascina ed un piccolo “casotto” che conteneva un grande forno, la porcilaia , la piccionaia, ed un calderone dove venivano lavate le lenzuola con la cenere. Non tutte le case possedevano un forno, quindi spesso gli abitanti della frazione venivano a cuocere pane e biscotti nel nostro che è tuttora funzionante ed in ottima forma vista l’età. La condivisione è sempre stato un atto spontaneo nella cultura contadina.
Ancora oggi gli anziani di questa frazione chiamano questo luogo “la cavarchella” perchè “a cavallo” del colle.
In un primo tempo la casa fu abitata da mia nonna che portò alla luce proprio qui le sue due figlie, Lucia (mia madre) e Carla (mia zia).
Nella foto: mia madre, mia zia e mia bisnonna
LA TENACIA DI NONNO TERESIO
Durante la seconda guerra mondiale, per qualche mese la cascina venne occupata da una truppa italo/tedesca che approfittò della posizione favorevole per cercare e controllare le cellule partigiane di Volpedo, un piccolo borgo ben visibile dalla collina, famoso per aver dato i natali al pittore Pellizza. Mio nonno Teresio, che rimase a casa dalla guerra perché rimandato a causa di un problema di salute, venne messo al muro per ben tre volte e rischiò di essere fucilato poiché non volle rivelare la posizione ed i nascondigli dei partigiani. Grazie a lui, che da solo durante la guerra portò avanti la terra e le attività connesse, l’azienda poté sopravvivere e rinascere dopo anni bui.
Dagli anni ‘50 la cascina fu abitata dalla famiglia della sorella di mia nonna, Aida, che con il marito Oreste e suo fratello Guido, diedero nuova linfa alle attività agricole.
Un tempo tutte le famiglie contadine erano delle piccole aziende totalmente autosufficienti: si produceva grano, si coltivavano piante da frutto da orto e vigneto, si allevavano vitelli , buoi, maiali, galline e piccioni.
Nella foto: mia prozia e mia bisnonna in vigna
E POI ARRIVO IO
Nel frattempo mia madre e mia zia intraprendono carriere totalmente diverse e molto lontane dal lavoro nei campi. Gli zii e i nonni invecchiano, ma la sorella di mia nonna, Aida, avvicinandosi agli 80 anni, non demorde e continua a guidare il trattore, lo stesso che guido io oggi, e con un’energia di altri tempi, porta avanti l’impresa.
E poi arrivo io.
E con l’intraprendenza femminile nel dna, decido di riportare tutto in vita.
Nella foto: mia prozia e mia nonna Mariuccia che mi tiene in braccio